Rinnovo del Consiglio Generale Italiani all’Estero

di Silvana Mangione

cgieLe elezioni per il rinnovo del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero – CGIE – si sono tenute a Washington il 27 settembre scorso nell’Auditorium della bellissima Ambasciata d’Italia. L’Assemblea elettorale era formata dai componenti, eletti e cooptati, dei 10 Comites degli USA (Boston, Chicago, Detroit, Filadelfia, Houston, Los Angeles, Miami, New York, San Francisco e Washington) affiancati dai rappresentanti delle associazioni iscritte ad un apposito elenco tenuto da ogni Consolato. Elenco che va rivisto ed ampliato, perché con la recente introduzione di un criterio restrittivo, non previsto dalla legge né dal regolamento di attuazione, le associazioni registrate in USA sono scese vertiginosamente da quasi 2.000 a sole 68.

Non tutti sanno davvero cos’è il CGIE. Per questo ho preparato un piccolo vademecum (vedi qui), che alla prima pagina dà alcune indicazioni sulla sua natura e compiti. La necessità di creare un organismo come il Consiglio Generale emerse, nel lontano 1988, dalla presa di coscienza che gli appena istituiti Comitati dell’Emigrazione Italiana – Co.Em.It. (poi ribattezzati Com.It.Es. – Comitati degli Italiani all’Estero) avevano bisogno di una voce a Roma, per aprire un dialogo con il Governo e il Parlamento, con i partiti e le Regioni; un momento di sintesi e raccordo fra le istanze delle comunità di tutto il mondo e coloro che decidono le politiche da implementare in tutte le materie che riguardano la vita degli italiani all’estero. Ecco perché amo affermare che il CGIE può essere meglio descritto come una think tank propositiva, della quale fanno parte gli eletti nei diversi Paesi e i rappresentanti di partiti, sindacati, patronati, associazioni e stampa, che si occupano di questo settore cruciale della proiezione dell’Italia fuori dai suoi confini.

Il CGIE è stato istituito con la Legge n. 368 del 6.11.1989, e si è insediato per la prima volta il 13 dicembre 1991. Al suo primo mandato ha costituito un Gruppo di Lavoro, che ho presieduto io stessa, per formulare una proposta di modifica alla propria legge istitutiva. Il nuovo articolato del CGIE è stato presentato dal Governo al Parlamento ad opera dell’allora sottosegretario agli esteri con delega all’emigrazione, Piero Fassino. La proposta del CGIE è diventata legge il 18 giugno 1998 con il n. 198. Le facoltà e funzioni del CGIE sono 4: la conoscitiva, la consultiva, la programmatoria, la propositiva (vedi vademecum).

Tornando alle elezioni per il rinnovo del Consiglio, a Washington si sono presentati 10 Candidati, fra cui 4 Consiglieri e 1 Presidente di Comites, 2 rappresentanti di associazioni accreditate e 3 esterni, che quindi non potevano nemmeno votare per se stessi. La campagna elettorale era stata brutta, senza esclusione di colpi da parte di un paio di esponenti dell’ala più conservatrice dei Comites in USA. “La calunnia è un venticello …” scrive il librettista de “Il Barbiere di Siviglia” di Rossini, ma stavolta non ha sortito gli effetti desiderati.

Ogni candidato aveva a sua disposizione cinque minuti al microfono, non sufficienti a chi aveva programmi seri da presentare, troppi per chi invece ha parlato soltanto di se stesso o di un unico progetto, come se il compito del CGIE fosse quello di promuovere singole iniziative locali: per queste esiste il Comites, che riflette le specificità delle comunità nella propria giurisdizione consolare.

Da unica donna candidata, sono stata anche l’unica a presentare un piccolo piano di lavoro con quattro priorità da affrontare immediatamente:

  • operare per mantenere la rappresentanza degli italiani all’estero alla Camera dei Deputati, data la nostra esclusione dal Senato riformato;
  • procedere alla riforma di Comites e CGIE soltanto dopo il completamento dell’intero quadro di modifiche costituzionali;
  • lavorare con gli esponenti della nuova emigrazione e i giovani per far definire da loro stessi il tipo di interazione politica e legislativa che ritengono utile da parte dell’Italia;
  • rivedere integralmente il sistema di diffusione dell’insegnamento della lingua e della cultura italiane all’estero, con attento riguardo alle particolarità dei sistemi scolastici dei diversi Paesi.

Qui di seguito desidero tracciare un primo elenco delle sfide che il prossimo CGIE deve accettare e vincere.

Il CGIE va completamente rivitalizzato. Deve rilanciare la valorizzazione della ricchezza costituita dagli italiani che non risiedono in Italia e dagli italo-discendenti, quelli che Piero Bassetti, il profeta del glocalismo, chiama “italici” e ne calcola la consistenza in 160 milioni di persone. Al centro dell’impero, parafrasando Umberto Eco, non ci si rende più conto che i componenti di questa massa d’urto sono essenziali per la promozione del Sistema Italia, dell’economia italiana, della nostra cultura non soltanto artistica e scientifica, ma anche giuridica e legislativa, del nostro impegno nella protezione dei diritti del singolo e dell’umanità intera, del nostro profondo senso di libertà e dell’assoluta protezione dei principi della democrazia. Il CGIE è stato la vetrina e il portavoce di tutto questo nei suoi primi mandati (vedi nel vademecum) e deve tornare ad esserlo, cominciando col credere nell’agire e stimolare, invece di reagire con proteste tardive, sterili e inascoltate, come ha fatto nell’ultimo periodo.

Il CGIE deve diventare l’interlocutore chiave dell’attuale Governo su queste materie e riacquistare il ruolo di “fattore” della politica estera, nel pieno rispetto di tutte le competenze istituzionali e costituzionali, perché ha molto da suggerire, anche in base alle nuove esperienze e al potenziale contributo del grande numero di giovani che stanno muovendosi nel mondo, ad ogni livello, fino ai più alti, quelli che prima o poi ci riportano a casa il Nobel.

Il CGIE deve smetterla di nascondersi dietro il dito della paura dell’autoreferenzialità, che lo ha appiattito e azzittito per troppo tempo, malgrado le dure obiezioni di alcuni di noi, che non riuscivano più a comprendere quale fosse o addirittura se ci fosse un obiettivo da raggiungere.

Qui si dice: “Think out of the box, baby”! E’ esattamente quello che dobbiamo fare, riprendendo ad esercitare fino in fondo le funzioni e le facoltà attribuite al Consiglio Generale dalla legge, ma anche ritrovando la piena coscienza dei nostri poteri, quelli che ci portarono con il costante lavoro iniziato con l’allora Ministro per le Riforme, Leopoldo Elia, e proseguito con alcuni dei suoi successori, un paio di Presidenti della Repubblica e pochissimi tenaci parlamentari, di cui tutti conoscono i nomi e onorano il ricordo, ad ottenere che la Costituzione italiana creasse la “circoscrizione estero” e garantisse l’effettivo esercizio del diritto di voto di noi tutti con l’elezione diretta della nostra rappresentanza parlamentare.

Il CGIE deve sensibilizzare il Presidente del Consiglio all’esigenza di convocare la terza plenaria della Conferenza permanente Stato – Regioni – Province Autonome – CGIE, per pianificare rapporti innovativi con i vecchi e nuovi italiani all’estero a favore dell’Italia, alla luce delle riforme che il Governo sta realizzando.

Il CGIE deve riprendere la buona abitudine degli incontri con differenti realtà e l’approfondimento di temi divenuti improcrastinabili. Il CGIE deve indirizzare il suo lavoro alla paziente raccolta delle indicazioni di tutti, da riportare ad una unità che sia al contempo propositiva e rispettosa delle esigenze delle infinite sfaccettature delle nostre collettività nei diversi Paesi e continenti.

In parole povere, il CGIE deve ridiventare il vero Consiglio di tutti gli Italiani all’Estero e in questo progetto ognuno di noi, che siamo e viviamo nel mondo, ha un ruolo al quale non può rinunciare.

Vi prego di aiutarmi da subito a disegnare un corretto futuro del CGIE al servizio di tutti.

Silvana Mangione
Vice Segretario Generale per i Paesi Anglofoni extra-europei uscente
Consigliera rieletta al CGIE per gli Stati Uniti

One comment

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *