Su Boko Haram – di Lucilla Bruni

Negli stessi giorni in cui i media di tutto il mondo riportavano ampiamente il doppio attacco terroristico a Parigi, in cui morirono diciassette persone, un altro delitto di proporzioni ben più ampie (duemila vittime) era perpetrato a Baga, nel nord est della Nigeria. Entrambi gli eventi hanno una matrice comune, il fondamentalismo islamico, ma sono stati effettuati da soggetti diversi: in Francia per mano di una cellula affiliata alla fazione yemenita di Al Quaida mentre in Nigeria ad opera di Boko Haram, un gruppo rivoluzionario che combatte per rovesciare l’attuale sistema di governo del paese e per istaurare uno stato islamico. L’attenzione che gli eventi nigeriani hanno ricevuto dai media internazionali è stata minima, confrontando anche la gravità degli avvenimenti, rispetto al rilievo dato alla strage parigina. L’asimmetria d‘interesse da parte della comunità internazionale appare grave sul piano umanitario ma anche sul piano strettamente politico, per un’evidente sottovalutazione del pericolo che Boko Haram rappesenta per la sicurezza internazionale.

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Miltanti Islamici di Boko Haram

La fazione è stata fondata nel 2002 da Ustaz Mohammed Yusuf, e da lui guidata fino al 2009, quando venne ucciso dalle forze di sicurezza governative. Il gruppo, che conta migliaia di appartenenti, prende ispirazione dalla frase coranica: “Chi non è governato da quello che Allah ha rivelato è tra i trasgressori”. Il suo nome originale è Jama’atu Ahlis Sunna Lidda’awati Wal-Jihad, traducibile con “persone impegnate nella propagazione degli insegnamenti e jihad del Profeta”. L’espressione “Boko Haram”, che significa “l’educazione occidentale è peccato” è stata tuttavia adottata come suo nome corrente, dati i frequenti attacchi del gruppo alle scuole e agli studenti, come il famoso caso delle duecento settantadue ragazze rapite lo scorso aprile.

Le attività di Boko Haram si sono intensificate dal 2009; da allora il movimento ha causato la morte di quasi dieci mila persone e lo sfollamento di centinaia di migliaia di altre. Il gruppo ha adottato strategie terroristiche di crescente complessità, iniziando con attacchi di portata limitata per mano di individui armati in motocicletta a poliziotti e autorità locali, per poi compiere intense operazioni militari, quali bombardamenti in chiese, stazioni di polizia ed altri edifici pubblici ed incursioni nei villagi per prenderne comando. Controlla infatti attualmente un’intera parte della Nigeria di estensione pari all’area del Belgio.

Gli analisti del terrorismo internazionale citano le differenze religiose, la diseguaglianza economica e decenni di malgoverno, come elementi che hanno contribuito all’ascesa del gruppo rivoluzionario in Nigeria. La popolazione nigeriana, circa 150 milioni di persone, è approssimativamente metà cristiana e metà musulmana. La coesistenza tra i due gruppi è stata storicamente difficile e ultimamente si è esacerbata per il mancato rispetto, avvenuto nelle ultime elezioni del 2011, del tacito accordo che prevedeva l‘alternanza tra leader delle due confessioni; un candidato musulmano avrebbe dovuto succedere al presidente cristiano uscente, Umaru Yar’Adua. E’ stato eletto invece Goodluck Jonathan, cristiano e attualmente in carica.

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In Aprile i miltanti di Boko Haram hanno rapito e ridotto in schiavitu’ oltre 200 studentesse cristiane da una scuola a Chibok, nel nord est della Nigeria.

Le differenze religiose combaciano con quelle geografiche ed economiche: il sud del paese è benestante e in maggioranza cristiano mentre il nord è povero e musulmano. Il sessanta percento della popolazione vive in una situazione di poverta’ estrema, la maggior parte concentrata nel nord. L’affermazione del gruppo non è determinata solo da differenze religiose ed economiche ma rispecchia anche un forte e radicato risentimento nei confronti di un governo che per anni ha fatto poco per combattere la povertà e investire nello sviluppo della popolazione, specialmente quella più depressa del nord. Una fitta rete di interessi personali, lealtà e affiliazioni tradizionali hanno portato alla malversazione dei considerevoli fondi provenienti dal petrolio e così indebolito la fiducia tra i cittadini e lo Stato.

La situazione politica in Nigeria è in via di evoluzione con le prossime elezioni di febbraio. Le autorità hanno passato sotto silenzio il recente attacco perpretuato da Boko Haram. Alcuni leggono tale disinteresse come intenzione del governo di minimizzare il fenomeno che si è considerevolmente rafforzato durante il proprio mandato e che sarà uno dei principali punti di valutazione per l’elettorato. L’ascesa in popolarità del candidato presidenziale Muhammadu Buhari, generale settantenne e capo dell’esercito durante il regime militare degli anni ottanta, è in parte sintomo di un desiderio di maggiore controllo da parte dello stato sulla situazione di sicurezza nel paese.

Boko Haram non è un fenomeno limitato alla Nigeria. Secondo alcuni analisti, dopo la morte del fondatore Yusuf nel 2009, il gruppo si è spaccato in varie fazioni, espandendo la propria portata regionale. Alcune di esse ora operano nei confinanti Camerun e Niger. Il presidente del Ghana, John Dramani Mahama, ha recentemente dichiarato che il suo ed altri quattro paesi dell’Africa occidentale (Camerun, Chad, Niger , insieme alla stessa Nigeria) sono pronti a alleare forze militari per combattere Boko Haram. Mahama ha annunciato di voler richiedere una sessione speciale nel corso dell’assemblea dell’Unione Africana, in programma questo mese, per discutere una strategia comune contro la violenza islamista.

L’assenza di copertura, da parte della stampa occidentale, degli eventi della prima settimana di gennaio, può essere in parte dovuta alla difficoltà per i giornalisti di accedere alle zone controllate da Boko Haram, ma non solo. Essa è soprattutto sintomo dei valori della comunità internazionale, che tuttora mette gli interessi e la sicurezza dell’occidente davanti a quelli del resto del mondo, basti pensare alla fortissima presenza di capi di stato alla marcia di Parigi succeduta al duplice attacco comparata alla quasi assenza di condanna alla strage di Baga da parte degli stessi.

Tale assimetria appare ingiusta dal punto di vista umano, ma anche rischiosa, poichè porta a sottovalutare il pericolo che Boko Haram può rappresentare per la sicurezza internazionale. L’espansione del gruppo ai paesi confinanti e la presa di controllo di un’intera regione, già lo rende geograficamente un fenomeno internazionale. I suoi dirigenti hanno inoltre dichiarato di aver stabilito un califfato, una convergenza di fatto con lo Stato Islamico proclamato in zone di Siria e Iraq. Il gruppo nigeriano ha infatti aggiunto la bandiera nera jaidista al proprio logo e in alcuni video ha adottato l’inno dello Stato Islamico. La possibile unione tra i due movimenti implicherebbe un fronte ancora più arduo da affrontare per la comunità internazionale dei due separati. Dare a questi fenomeni il giusto peso puὸ aiutare a farlo.

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