Il Gruppo Universita’ e Ricerca del Pd USA

All’interno della federazione PD USA abbiamo costituito da oltre un anno un “Gruppo Università e Ricerca”. Siamo una quindicina tra professori universitari, ricercatori, funzionari di agenzie federali di ricerca e di organizzazioni internazionali. Ci ha unito il desiderio di offrire la nostra esperienza maturata negli Stati Uniti (e in Canada) per individuare soluzioni innovative per il miglioramento del sistema università e ricerca in Italia. Il Gruppo è partito dal Circolo PD di Washington, DC, ma si è poi esteso a tutti gli USA e al Canada.

Noi operiamo in un sistema nel quale autonomia e responsabilità nelle università pubbliche tendono ad essere maggiori che nelle università italiane.  Questo implica tra l’altro una notevole semplificazione burocratica. Ad esempio, negli USA non esiste una agenzia nazionale di valutazione come l’ANVUR, e quindi non esistono valutazioni centralizzate come la VQR (Valutazione della Qualità della Ricerca e l’AVA (Autovalutazione, Valutazione periodica e Accreditamento).  A riguardo di assunzioni e progressioni di carriera, non esistono gli equivalenti dell’Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN), dei punti organico, non esistono differenze fra RTDa e RTDb (sono tutti “tenure track”); le commissioni dei concorsi sono interamente locali, e senza ingerenze di istituzioni centralizzate se non per linee guida fondamentali.  A questo proposito, non esistono nemmeno gli equivalenti del CUN, della CRUI, e persino del MIUR, inteso come organismo nazionale che influenza vita e scelte delle università.

Secondo noi, esistono diversi aspetti del sistema delle università pubbliche USA che sarebbe utile importare in Italia. Primo fra tutti l’intraducibile “accountability”, che porta a una personalizzazione delle responsabilità.  Secondo, l’autonomia di ciascun ateneo nella gestione del budget, di assunzioni e promozioni, e di progressioni stipendiali. Terzo, un serio ed efficiente sistema di peer-review per la distribuzione competitiva dei fondi di ricerca, con attenta valutazione dei progetti (ex-ante, in itinere e/o ex-post, a seconda delle agenzie finanziatrici).  A differenza dell’Italia, non c’è un sistema di premialità basato sulla performance passata di interi dipartimenti o atenei,  come la VQR.  La premialità collegata alla ricerca è invece “distribuita”, e si realizza indirettamente attraverso i fondi di ricerca assegnati in forma competitiva a singoli docenti, o piccoli gruppi.  Da notare che di norma le università pubbliche non coprono il 100% dello stipendio dei docenti, e la quota rimanente deve essere pagata attraverso i fondi di ricerca, se il docente riesce ad ottenerne. Inoltre, una quota cospicua dei fondi di ciascun progetto (a volte fino al 50% del totale) è spendibile dall’università per costi di gestione e altre finalità di didattica e di ricerca, e questo contribuisce a creare un interesse finanziario dei dipartimenti ad assumere e trattenere professori capaci di proporre e gestire progetti vincenti, oltre al prestigio che ne deriva.  L’agevole mobilità (volontaria!) dei professori, compresa la portabilità dei propri fondi di ricerca, ci sembra un’ulteriore aspetto positivo.  E ultima, ma non meno importante, l’interazione fra ricerca pubblica e privata, con il trasferimento delle tecnologie pronte per una realizzazione pratica.

La nostra esperienza ci indica anche aspetti del sistema pubblico USA che sarebbe dannoso importare in Italia ed errori da evitare. Per prima la progressiva contrazione dei contributi dei vari stati dell’Unione alle università pubbliche (l’equivalente dell’FFO italiano), accentuatasi specialmente negli ultimi anni dopo la crisi del 2008. Ciò ha contribuito a un progressivo aumento delle tasse universitarie e un crescente indebitamento degli studenti, e a una competizione esasperata per finanziamenti di ricerca.  Da non importare anche una crescente, eccessiva enfasi sulla ricerca, che attira fondi, a scapito della didattica, e la forte polarizzazione dei finanziamenti nei campi scientifici e tecnici a danno delle scienze umanistiche.  Terza cosa da evitare, l’enorme crescita del numero e degli stipendi del personale amministrativo.

Il PD USA si è offerto come risorsa nel dibattito sulla riforma del sistema universitario italiano.  Possiamo ad esempio offrire informazioni dettagliate su quelle esperienze più avanzate del sistema pubblico USA che meglio potrebbero essere integrabili in una tale riforma, comprese normative e “best practices” delle migliori università USA.  In collaborazione con gli appositi canali istituzionali, siamo anche disponibili ad organizzare incontri tra autorità italiane e americane nel campo delle politiche universitarie e della ricerca.  Il PD USA è stato l’unico circolo estero a partecipare allo YOUniversity.Lab meeting dello scorso febbraio.  La nostra offerta di collaborazione è stata ben accettata, e un primo incontro con responsabili PD per l’università ha avuto luogo via Skype alcune settimane fa.

Per il Gruppo Università e Ricerca del Circolo PD USA:
Roberto Celi, University of Maryland, celi@umd.edu
Olga Epifano, National Institutes of Health, oepifano@outlook.com

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